La sconfitta non è stata semplicemente un fatto politico. L’esito di quelle elezioni, e ancor di più gli eventi di cronaca di queste settimane, ci parlano evidentemente di una sconfitta che viene da lontano, che interroga tutta l’Europa, e che ha profonde radici culturali e sociali.
Le destre ci hanno battuto sul terreno dell’egemonia, insinuandosi nella frantumazione delle comunità e dei legami sociali che ha prodotto la globalizzazione in questi anni.
In questa società, dove saltano i vincoli di solidarietà, Rifondazione deve ripartire da se stessa e dare concreti segnali, provando sempre più ad essere una comunità di donne e di uomini che bandiscono gli scontri personalistici, per dedicarsi unitariamente al lavoro impegnativo e alla sfida difficile che abbiamo davanti. Oggi dobbiamo produrre ogni sforzo per essere un partito che prefiguri nella sua vita quotidiana quella società di “liberi ed uguali” a cui alludiamo quando parliamo di comunismo.
Sul terreno dell’apertura, ai movimenti e alla sinistra diffusa, alle donne e ai giovani, al corpo del Partito, molta strada è stata fatta in questi anni nella nostra Federazione, ma occorre proseguire il cammino senza “torcicolli”, costruendo pratiche sempre più partecipate e orizzontali.
In questo modo potremo essere “costruttori di società” e contribuire, anche attraverso il ripensamento del ruolo dei Circoli, a realizzare nei territori dei luoghi aperti dove si incontrino le diverse soggettività sociali e politiche della Sinistra, quelle che coniugano il conflitto e la cooperazione, la mutualità e la socialità. Su questo terreno dobbiamo sperimentare con coraggio, immaginando che in questi spazi, assieme a noi, possano convivere i gruppi di acquisto solidale contro il carovita, corsi di italiano per stranieri e ripetizioni per gli studenti, biblioteche e mercatini dei libri usati, bar con prezzi popolari, sportelli informativi.
Ma non basta tornare retoricamente ai territori e ai luoghi di lavoro, nella società. Questi luoghi, in cui la Sinistra e il Movimento operaio hanno costruito, almeno per tutto il ‘900, il proprio insediamento sociale e il proprio progetto politico, sono stati oggi completamente travolti dalla potenza dei processi di globalizzazione capitalistica. E in molti casi, lì dove, una volta, la sinistra riusciva a costruire un blocco sociale e una coscienza di classe, oggi, si è imposto l’individualismo e le “guerre tra poveri”.
Oggi, una volta trovata la forza per rialzarci, abbiamo bisogno di costruire nuovi e più aggiornati elementi di conoscenza e di analisi, per orientarci opportunamente nel nostro cammino. Altrimenti, senza questo studio, pensando che la società sia sempre uguale a se stessa, sbaglieremmo sicuramente la strada.
Con umiltà, l’inchiesta sociale deve caratterizzare il nostro Congresso e, in prospettiva, il nostro impegno futuro.
Da subito il Partito irpino, a partire dalle mobilitazioni anti-discarica, deve impegnarsi nella diffusione dell’opposizione sociale e politica al governo Berlusconi. La manifestazione del 31 maggio a Pianodardine è stata un momento decisivo –ancorché insufficiente- per la tutela ambientale dell’Irpinia e per la difesa della democrazia del nostro Paese, contro un’idea militarizzata della decisione politica e di criminalizzazione del dissenso che le destre hanno messo in campo.
Rifondazione deve ripartire. Deve ripartire da se, dalla sua migliore esperienza, dalla sua cultura politica innovativa, dalla sua capacità di apertura e contaminazione, e mettere tutto questo a disposizione del percorso costituente della sinistra.
Rifondazione e la sinistra possono ricominciare a camminare da qui, dal basso, dai territori, dall’inchiesta sociale, dall’opposizione al governo Berlusconi.